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Andrea Randisi

Povere creature!

Chi l'avrebbe mai detto? Chi avrebbe mai scommesso una lira che dopo il lavoraccio che abbiamo fatto col primo numero saremmo ritornati a questo punto? Ebbene, nonostante le quote veramente basse, siamo ancora qui, più o meno in linea con le promesse di cadenza bimestrale. A questo giro abbiamo deciso di concentrarci su colui che, senza grande pericolo di smentite, è forse il regista del momento, grazie all'uscita del suo chiacchieratissimo Poor Things: Yorgos Lanthimos.




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Se il compito di una buona introduzione è fornire le motivazioni delle scelte autoriali, allora io sono qui per questo motivo. Penso, e qui aspetto smentite, che al centro della nostra scelta si trovi, molto banalmente, la volontà di voler creare un dibattito e uno scambio di idee su un'opera d'arte, che è anche il motivo per cui abbiamo lavorato perché Otto film e mezzo potesse tornare nel 2024. Quale argomento migliore, se non il film che ha monopolizzato il Chiostro della Ghiacciaia per quasi un mese? Con la sua sceneggiatura a tratti didascalica e la mano divisiva di Lanthimos, Poor Things si offre come un perfetto catalizzatore di opinioni: la furente quantità di stimoli intellettuali che vengono riversati dal film allo spettatore è per noi, gente che vive di ardenti discussioni, un modo anzitutto per "scannarci" in santa pace, e in secondo luogo un modo per ragionare su ciò che pensiamo del cinema e del mondo che ci circonda. In questo senso, l'intera opera di Lanthimos è una buonissima lente d'ingrandimento sul modo di fare cinema "intellettuale" e su una certa visione del mondo e dei suoi problemi; da qui, da questa lente, si originano le due anime di questo numero.

Una è l'anima che definirei meta-cinematografica, ma aspetto un titolo migliore. Gran parte del numero, come vedrete già dall'indice e dai titoli degli articoli, si concentra nell'analizzare l'opera di Lanthimos nella sua componente linguistica, o, per meglio dire, semantica. Una delle domande che ha tempestato le discussioni in cui mi sono imbattuto legate al corpuscinematografico di Lanthimos è, molto banalmente, "perché?". Potrà sembrare una domanda ampia, una di quelle che piacciono ai bambini, ma è la domanda che meglio riassume la questione semantica riguardante l'opera del regista greco: il problema, oltre le domande ampie, sembra quello di riuscire a collocare le scelte di Lanthimos all'interno di un ordine simbolico e stilistico che abbia una continuità di senso. Un esempio: il linguaggio didascalico di Poor Things, che specialmente nell'ultima parte sembra voler lanciare oltre lo schermo il suo "messaggio", è veramente riconducibile e riducibile al senso del film? E se lo fosse, qual è la natura della scelta di uno scollamento fra il messaggio "verbale" della sceneggiatura e ciò che si nasconde fra le righe? Ecco, alla fine mi è venuta una formulazione migliore del punto: parte importante di questo numero si concentra nell'analizzare il senso delle scelte artistiche e la loro natura. Tuttavia, "perché?" mi sembra ancora una buona domanda.

La seconda anima, a cui non riesco veramente a trovare un nome, è quella legata al peso culturale del film e alle domande che lo muovono e che vuole muovere. Se la prima anima di muove sull'investigazione della natura delle scelte artistiche, questa si concentra sull'impatto critico delle prime e sulle domande che esse vogliono muovere. Da questo punto di vista - e lo prendo ancora come paradigma - Poor Things si biforca nuovamente: se da una parte troviamo una fortissima critica sociale, che si propone su differenti livelli, dall'altra parte (e in realtà insieme alla prima) Lanthimos propone una riflessione, plasticamente evidenziata con il percorso di "presa di coscienza" (o "di auto-coscienza") di Bella Baxter, sulla natura del libero arbitrio e della coscienza umana. Questa seconda anima del presente numero vuole per un attimo spogliarsi degli abiti di chi vuole capire il perché di alcune scelte artistiche, analizzare il contenuto del film preso "così come viene" e di sondarne la legittimità.

Ecco, non vorrei che passasse il messaggio che queste due anime, come piace al dibattito su X, siano contrapposte. Non c'è niente di più falso. Non c'è qui il tentativo di contrapporre fra chi vuole "sezionare" il film per distruggerlo e chi lo accetta. Ci sono solo due modi di analizzare un'opera, che possono convivere, e io credo lo facciano anche bene, all'interno di tutti questi numeri.

Detto questo, buona lettura.

 

Andrea Randisi







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