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Chiara Invernizzi

A woman written and directed by a man

Un uomo può davvero dare una rappresentazione cinematografica femminile degna della sua complessità e non pensata principalmente tramite e per il male gaze? Se spesso la risposta è un ovvio no, nel connubio fra Lanthimos e McNamara la questione sembra mostrarsi in modo differente.




Spesso e volentieri, un personaggio cinematografico femminile messo in scena a partire da una prospettiva maschile incorre in superficialità, svariati cliché o, come nota la famosa critica cinematografica femminista Laura Mulvey, viene modellato prettamente per il male gaze. Non è però il caso delle protagoniste femminili nate dal connubio fra la regia di Yorgos Lanthimos e la sceneggiatura di Tony McNamara: ciò lo vedremo a partire dalla presa in considerazione di due dei personaggi fra i più iconici portati in scena dal regista greco - Bella Baxter di Poor Things e Abigail Masham di The Favourite, entrambe interpretate dall’attrice Emma Stone. Svilupperò la mia argomentazione analizzando principalmente tre piani distinti rintracciabili all’interno di entrambi i lungometraggi: quello della sessualità, quello psicologico ed emotivo, e quello prettamente simbolico all’interno del panorama femminista.


Uno dei temi rappresentato in scena più spesso in modo convenzionale è quello della sessualità femminile: o è affrontato con grande superficialità, o nel modo “aesthetic” tipico della maggior parte delle produzioni, o portato in scena in una modalità che sembra essere pensata quasi come appagamento semplicemente di un desiderio voyeuristico. Anche all’interno di Poor Things e di The Favourite, le fatidiche scene di sesso non mancano, ma sono molto differenti da quelle del classico cinema hollywoodiano, e lasciano invece trasparire la complessità delle pulsioni che sottintendono l’atto in sé. Abigail, dopo aver stretto un rapporto con la Regina Anna, instaura con quest’ultima anche una relazione di tipo sessuale, ma con un fine sottostante ben specifico: quello dell’ottenimento del potere. Le scene sono crude, realistiche, sfacciate, senza fronzoli e sempre consumate unicamente fra personaggi femminili. Da questo si possono dedurre principalmente due cose: in primis, non vengono riportate in scena per suscitare emozioni positive ma anzi, sembrano invece essere utilizzate per evidenziare una delle tematiche più ricorrente all’interno del film, ovvero la dialettica fra dominare ed essere dominati. Non c’è un amore di tipo sentimentale nel rapporto fra Abigail e la Regina Anna, tutto si gioca su un piano differente e, soprattutto, unicamente femminile. Da notare anche come - a proposito di quest’ultima questione - le scene di sesso consumate fra o Abigail e Anna, o quest’ultima e Lady Marlborough, sembrano essere prive di qualsiasi pathos per tutto il film, come se vivessimo in un ambiente nel quale è totalmente normale che l’emotività nell’ambito della sessualità venga meno. Se vogliamo render esplicito qualcosa che invece nella pellicola sembra essere un significato nascosto – sempre a mio parere personale – queste scene ci gridano “sì, è normale fare sesso senza sentimenti anche in un ambiente unicamente femminile”, nel quale di solito si pensa sempre ci sia un’emotività spiccata. In Poor Things le scene di sesso sono molto ricorrenti, goffe, e quasi al limite del comico: ciò evidenzia come l’attenzione non voglia essere posta sull’estetica dell’atto in sé, ma se mai sembra voler mostrare realisticamente - accentuandone i tratti “ridicoli” - come si presenta nella vita normale il processo della scoperta della propria sessualità. Nel momento in cui “Bella discover happy when she want!”, lei inizia a percepirsi come corpo e, in quanto tale, anche come soggettività individuale: è proprio a partire da questa scoperta della sessualità che inizia il suo viaggio verso la libertà, staccandosi dalla figura paterna e creatrice che, per quanto benevola, può essere sicuramente definita soffocante. La reazione alla masturbazione di Bella è “polite society doesn’t speak about sex”: sia God che la governante si imbarazzano parecchio alla vista di quanto sta accadendo, rimproverando Bella come se stesse facendo qualcosa di sbagliato, di non consono all’etichetta e alla moralità. Questo conservatorismo ci è davvero nuovo ancora nel 2024? Direi proprio di no, anzi non ci stupisce per nulla, soprattutto se si parla dello svolgimento di tale pratica da parte di donne e non uomini. Il personaggio di Bella, ignorando le reazioni negative scaturite dal suo gioire di questa nuova scoperta, è rivoluzionario: si inizia finalmente a normalizzare tematiche che per troppo tempo sono rimaste dei taboo, anche sullo stesso schermo cinematografico.


Per quanto riguarda il piano più introspettivo dei due personaggi, Bella e Abigail sembrano rappresentare tutte le sfaccettature più disparate, facendo cadere quella dicotomia fra o donna angelica o demoniaca che ci portiamo dietro prima ancora che il cinema fosse inventato: i loro personaggi non sono mai bianco o nero, buoni o cattivi. Abigail, donna da un passato difficile in quanto venduta dal padre per coprire i suoi debiti di gioco, sembra se mai viaggiare fra i due opposti mettendoli in un dialogo che all’apparenza sembra impossibile. Se da una parte troviamo la sua proclamata fedeltà nei confronti di Lady Marlborough, la volontà di mantenere un’etica “lavorativa” impeccabile e l’essere vittima di un sistema più grande di lei, dall’altra troviamo le sue pulsioni di potere e rivalsa che prevarranno infine su tutti i suoi buoni propositi: nel personaggio di Abigail, male e bene non vengono polarizzati, ma si trovano fortemente intrecciati, come se diventassero un unico nodo difficile da sbrogliare. La complessità del suo personaggio prevarica la maggior parte delle rappresentazioni femminili, spesso polarizzanti, normalizzando quella lotta fra bene e male perennemente presente in ogni essere umano: Abigail è sia vittima che carnefice, e ci insegna quando il confine fra queste due figure opposte sia labile. Bella Baxter è invece caratterizzata inizialmente da una forte ingenuità, molto diversa dai tratti caratteristici di Abigail. Tuttavia, questa purezza viene a disperdersi tramite il proseguire della narrazione: Bella scopre che il mondo è fatto di contrasti, di sugar e violence. Questa realizzazione da una parte si contrappone al classico ideale di innocenza, troppo spesso cucito addosso ai personaggi femminili, e allo stesso tempo non cancella totalmente l’ingenuità che la contraddistingue: la compresenza di zucchero e violenza non si ritrova solo nel mondo esterno, ma anche nella stessa Bella, ricreando quella complessità già trovata precedentemente in Abigail. Insomma, per capirci meglio, questi due personaggi abbattono entrambi quella polarizzazione tanto tossica che ha sempre detto alle donne come devono essere e comportarsi.


Ma cosa rappresentano Abigail e Bella? Personalmente, anche se è un punto sul quale si possono avere parecchie idee contrastanti, trovo che entrambe le protagoniste possano essere considerate degli emblemi femministi. In The Favourite, tutto si gioca unicamente fra personaggi femminili: sono loro che decidono le sorti del paese, con i loro sotterfugi e le loro preferenze, partorendo qualsiasi deliberazione all’interno del loro triangolo amoroso. Per gli uomini non c’è spazio e questo viene accentuato dalla loro rappresentazione ridicola, troppo concentrati a curare il loro parrucchino e lanciare pomodori contro un uomo nudo. Emblematica è proprio questa ultima scena citata, nella quale Abigail zittisce Robert Harley quando le dà della “sgualdrina”: non fa nemmeno in tempo a finire la frase che la favorita della regina lo riporta subito a ricordarsi il suo posto di inferiorità, facendogli capire che è lei che comanda nonostante la sua appartenenza ad un rango più basso. Un altro esempio pratico si può portare con Samuel Masham – probabilmente, e purtroppo, uno degli ultimi ruoli importanti che avrà Joe Alwyn a causa del nuovo album di Taylor Swift in uscita – che non è altro se non una pedina della stessa Abigail: un personaggio totalmente insulso, il cui unico ruolo è farla salire di grado tramite il matrimonio, facendola così ritornare nobile com’era un tempo. Insomma, il potere non è in mano agli uomini, ma alle donne: se si poteva vedere inizialmente alla base una società patriarcale, soprattutto con la vendita di Abigail da parte del padre come se fosse un oggetto, si arriva sempre di più ad un matriarcato con il proseguire della pellicola.


Il tema del femminismo in Poor Things è invece davvero vasto, che trasuda da quasi tutte le scene, e su cui si è dibattuto sin dall’uscita del film – a proposito, anche in altri articoli di questo numero: mi concentro forse sulla cosa più ovvia ma allo stesso tempo interessante della pellicola “femminista”, ovvero il rapporto fra Bella e Duncan Wedderburn. Già il primo incontro fra i due fa trasparire la sensazione di un pericolo incombente, seppur giustamente Bella non si accorga di nulla - questione direi più che realistica e degna di citazione, in quanto rende bene la difficoltà di realizzare di essere inserite in una dinamica relazionale tossica, anche quando gli altri riescono a percepirlo facilmente dall’esterno. Tutto diventa più esplicito anche alla protagonista a partire dalla “vacanza” – o meglio, prigionia – in crociera: questo è il punto di svolta dal quale Bella arriverà infine ad abbandonare Duncan sotto la neve di Parigi. Questo è solo uno degli esempi della ribellione della protagonista, contro un mondo che la vuole allo stesso tempo proteggere e sottomettere: Bella, tramite le sue azioni, dice “no” a tutto questo, diventando padrona della sua vita, della sua sessualità e di scegliere quando mettere a tacere “la sua bambina interiore”.

In conclusione, mi sento di dire apertamente che non sembra esserci la mano di due uomini dietro a queste due rappresentazioni – nel caso di Poor Things tre, perché tratto da un romanzo di Alasdair Gray – in quanto i tre punti più problematici concernenti la raffigurazione delle figure femminili nella storia del cinema sembrano alieni al lavoro di Lanthimos e McNamara. Sì, nella vita mi sento un po’ Abigail e un po’ Bella Baxter, anche se entrambe sono state “written and directed by a man”.


Chiara Invernizzi



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